La guerra di Troia nella poesia contemporanea, "Rimane lei per sempre la Regina", La poesia di Gino Rago proviene da Mnemosyne e dall’Oblio della Memoria, dal periechon (dall’infinito della periferia)
La poesia proviene dalla perdita dell’Origine e dalla perdita della Patria (Heimat). La poesia è il volto codificato del dolore
Poesia di Gino Rago
Rimane lei per sempre la Regina
Di fronte a noi si muove il re spartano.
A Telemaco vanta le molte virtù e l’astuzia del padre
per la cava insidia nel cavallo di legno. Fatale
ai Troiani ma che gli Achei sottrasse alla rovina.
Noi non siamo qui per Menelao.
Né siamo qui per Elena.
L’amante fuggiasca
che nonostante i crolli, i lutti, le rovine,
il sangue – per dieci anni a correre
ai bordi d’ogni corpo –
sul trono a Sparta siede ancora da regina.
Noi siamo qui per Ecuba,
la sposa ormai prona al suo destino,
la madre a ignorare l’inganno delle dee. Afrodite,
Era e Atena hanno di Paride fatto inerme preda.
«Eppure in cuor mio un tempo amavo i Greci.
Oggi hanno il fuoco negli occhi. Che fine hanno fatto
il rispetto dei vinti, la pietà, la sosta sulle ceneri dei morti.
Chi più ricorda il gesto moderato. L’armonia delle forme …
Sorelle d’Ilio. Fare senno pure nel male. A ciò tutte vi esorto.
Fare senno anche nella sventura. Conviene
alla calma, alla saggezza dopo la disfatta.»
Così la donna china sulla riva si rivolge a tutte le troiane.
Alle spose ferite nell’onore. (Gli sguardi opachi verso terre ignote).
Alle figlie d’Ilio (nel delirio turpe dei guerrieri vincitori).
Le mura franate. I cadaveri umiliati. Il Palazzo violato.
Priamo sgozzato. Lo scettro del Re frantumato…
Noi siamo qui per Ecuba ora che tutto perde.
Ma pure con il passo incerto sulla rena
rimane lei per sempre la Regina.
da I platani sul Tevere diventano betulle (2020)
.
Gino Rago è nato a Montegiordano (Cs) nel febbraio del 1950 e vive tra Trebisacce (Cs) e Roma. Laureato in Chimica Industriale presso l’Università La Sapienza di Roma è stato docente di Chimica. Ha pubblicato in poesia: L’idea pura (1989), Il segno di Ulisse (1996), Fili di ragno (1999), L’arte del commiato (2005), I platani sul Tevere diventano betulle (2020). Sue poesie sono presenti nelle antologie Poeti del Sud (2015), Come è finita la guerra di Troia non ricordo (Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2016). È presente nel saggio di Giorgio Linguaglossa Critica della Ragione Sufficiente (Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2018). È presente nell’Antologia bilingue curata da Giorgio Linguaglossa How the Trojan War Ended I Dont’t Remember (Chelsea Editions, New York, 2019). È nel comitato di redazione della Rivista di poesia, critica e contemporaneistica “Il Mangiaparole”, è redattore delle Riviste on line lombradelleparole.wordpress.com - È uno degli autori presenti nella Antologia Poetry kitchen 2022 e Poetry kitchen 2023, nella Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2022) e nel libro di saggi di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022. Nel 2022 pubblica la raccolta Storie di una pallottola e della gallina Nanin con Progetto Cultura di Roma.
(in foto, Gino Rago)
Commento di Giorgio Linguaglossa
Gino Rago e il pittore Rosario La Polla «cantano» per volere di Mnemosyne. Ed ecco l’Estraneo che si avvicina e il «mito» che ritorna. All’approssimarsi dell’Estraneo (Unheimlich), le nottole del tramonto singhiozzano. All’approssimarsi del «mito», il tempo ritrova se stesso dopo l’Oblio della Memoria.
La poesia di Gino Rago proviene da Mnemosyne e dall’Oblio della Memoria, dal periechon (dall’infinito della periferia, e quindi del «divino», secondo il pensiero dei greci), dalla perdita dell’Origine e dalla perdita della Patria (Heimat). La sua poesia è il volto codificato del dolore. Il duplice moto di andata e ritorno dal sacro al profano, e viceversa, caratterizza il nunc e l’hic dell’evento che si dà per noi, nella singolarità di un accadimento irripetibile. La guerra di Troia assume l’aspetto di simbolo di tutte le guerre e di tutti gli eccidi della storia umana. La rivisitazione del mito è fatta dalla parte delle donne, delle perdenti, dalla parte di Ecuba, moglie di Priamo e regina di Troia, madre di 19 figli. Il tum dà profondità al nunc per rifrazione e sedimentazione del tempo, e l‘hic, il qui, rivela la singolarità dell’evento. «Nell’evento lo spazio e il tempo fanno uno, ed è il tempo che è primario, che solo nell’evento rompe la continuità della durata e si rivela come istante, perché solo nell’evento il nunc ha contro di sé l’infinità circoscrivente del semper e fa centro, e il punto non è isolabile se non in una convergenza […] Il tempo circolare è il tempo continuo e infinitamente divisibile del logos, dove nessun istante è isolabile, perché in ognuno il principio coincide con la fine… Ciò è vero anche per il mito dell’eterno ritorno, che fin che è mito, ha sempre valore escatologico… Non appena il logos prevale sul mito, la coscienza religiosa lo sente come un’oppressione e cerca l’evasione nella rottura del ciclo e nell’unione definitiva con l’Uno».1]
«Ciò che è Perduto non può essere ritrovato se non nella forma di “frammento”, che non indica il Tutto se non come un tutto frammentato e disperso. Di qui il “dolore” della poesia». 2]
La gestualità statuaria di Ecuba di Rosario La Polla narra il mito, fissato e immobilizzato nell’eternità del tempo del «sacro». Il nunc è il tempo della mancanza, della povertà. Il mito invece è narrazione del tempo del tunc. Sia La Polla sia Gino Rago sono i cantori delle gesta del «sacro». È qui che la storia prende forma nelle vesti striate e multicolori della figura di Ecuba tracciata dal pittore di Trebisacce. La «Forma» è nella magia del colore. La «Forma» è ciò che rimane. Con le parole di Gino Rago: «lei per sempre la Regina», Ecuba e tutte le donne violentate e fatte schiave di tutti i tempi della storia umana. Negli occhi della «Regina» il tempo si ferma, si irrigidisce nel volto deformato dal dolore.
1] Carlo Diano, Linee per una fenomenologia dell’arte 1968, Neri Pozza, p.36-37.
2 ]Michel Foucault, Le parole e le cose 1975 p. 139.