«gentili Linguaglossa, Gino Rago, Lucio Tosi e compagnia varia… Vi porgo i miei saluti dal Labirinto, quel luogo dal quale non è più lecito trovarsi, dove non c’è neanche più bisogno di perdersi o di cercare le scaturigini di alcunché In questo luogo le parole, egregio Linguaglossa, sono del tutto fuori posto, mi perdoni questa ovvietà – ingiunse il Signor K. – ma lei, mi dicono, è un poeta! Vede?, cado anch’io a volte dalle nuvole nelle trappole della geometria euclidea, che vuole, ho un debole per i triangoli scaleni, i triangoli ottusi, gli eptaedri, i vertici acuti, i numeri primi… Tutto ciò che Ella e quanti altri della nuova ontologia estetica avete considerato, non ha più ragion d’essere…» Il lestofante aprì la confezione di pasticcini ripieni di crema e bignè al cognac. Arietta di Offenbach. Sorrise. La bocca zeppa di denti d’oro che brillavano. «Professione?... Sì, metta intagliatore di diamanti», inquisì il cialtrone. Si chinò per arraffare qualcosa dalla tasca interna della giacca di velluto, un brillante grande come il suo occhio di vetro, la cravatta blu a pallini gialli oscillò, farfugliò qualcosa sul pianoforte a coda. «Non siamo parenti – mi disse – però, in un certo qual modo, siamo prossimi… No, no, non parlo di voi, caro amico… Parlo d’altro… La realtà è il risultato dell’autonegarsi dell’Assoluto. Auto-negarsi nel suo stesso porsi, un porsi nel suo stesso negarsi. Che vuole, un gioco di prestigio! Op! Op!, carta di qua, carta di là, dove sta?, di qua o di là? Sì, mi attendo da Voi una risposta», ingiunse il cipiglio. «Una sola, però, intorno alla decoincisione dell’essere dal nulla. E sì, anche intorno all’Assoluto.
Per questo vi do il mio indirizzo: Quartier Generale dell’Aldilà dove scorre il fiume dell’aldiquà, al numero civico 777, piano terzo, scala D, senza ascensore, attigua alla abitazione di Dio, perbacco!» [Distretto n. 57. La raccolta è un Labirinto di stanze all’interno delle quali si accede mediante delle aperture e delle chiusure personificate da porte. Le porte sono tutte chiuse. Ciò che avviene nelle Stanze sono degli eventi. La stanza non è altro che uno spazio aperto da una porta e chiuso da una porta, la porta-adito e la porta-serramento. È all’interno delle molte stanze del Labirinto che si svolge il confronto, serrato e drammatico, tra il Signor K. e Cogito. I due agonisti sono l’espressione della civiltà occidentale nel momento della sua massima crisi. È banale dirlo: alle stanze si accede attraverso una porta, al di là di essa si apre uno spazio chiuso, lo spazio della domesticità dove accade l’esistenza. In ogni stanza di questo Labirinto si svolge un evento, accade una esperienza che ha per protagonisti Cogito, il filosofo, per estensione l’uomo pensante, e il Signor K., l’Altro, il convenuto, l’inviato nel mondo degli uomini con il preciso compito di introdurre in esso il caos, il principio di dissoluzione di tutte le cose. Il confronto è serrato, dialettico, senza esclusione di colpi, dei due uno soltanto potrà cantare vittoria. Ma, verosimilmente, se vittoria ci sarà, sarà una vittoria effimera, una vittoria di Pirro.]
Giorgio Linguaglossa Distretto n. 57 Il saluto del Signor K. per il santo Natale