EUR-Roma “Nuvola” di Fuksas, Domenica 10 dicembre, ore 17.00 Sala Giove si terrà l’Evento della Poetry kitchen, Cambiare nome alla Poesia per cambiare la Poesia?
Intervengono Marie Laure Colasson, Letizia Leone, Giorgio LinguaglossaTiziana Antonilli, Gino Rago, Giuseppe Gallocon Reading degli autori della Poetry kitchen
[Marie Laure Colasson, la macchia, acrilico, 50×50 cm, 2023]
Intervengono
Marie Laure Colasson, Letizia Leone, Giorgio Linguaglossa
Tiziana Antonilli, Gino Rago, Giuseppe Gallo
con Reading degli autori della Poetry kitchen
di Francesco Paolo Intini
15 ottobre 2023 alle 9:02
Cari
Penso che il vuoto sia prima di tutto prodotto dalla società in cui muoviamo i nostri passi. Negli ultimi tempi si sono succeduti tre grossi avvenimenti che hanno svuotato la realtà storica di tutto ciò che si poteva considerare accadere nel senso di un progresso per l’intera umanità. Covid, guerra Russia\Ucraina e per ultimo l’epilogo della guerra perenne per il diritto di un popolo all’esistenza tra Palestina e Israele.
Le implicazioni e le estensioni di questi fatti e principi sono sotto gli occhi di tutti e minano da una parte la credibilità della scienza di rappresentarsi come l’unica arma capace di lavorare in favore della conservazione della specie e dall’altra la fiducia in valori universali capaci di contrastare la legge del più forte.
Che altro rimane?
Beh, il senso di tutto questo è quello di una tendenza allo svuotamento generalizzato di valori compensato da una disponibilità di tecnologia e di merci in crescita esponenziale su tutti i fronti.
Non c’è da meravigliarsi se a questo vi corrisponda un vuoto nel significato delle parole con le quali intendevamo gli altri e non c’è da meravigliarsi se all’interno di questo in cui conserviamo le merci e la tecnologia che le produce, le stesse aleggiano come fossero particelle estremamente rarefatte in cerca di qualcosa su cui poggiare.
Io credo che ci sia nelle parole, nel come le vedo nascere ed interagire con le altre per fare un verso, qualcosa che non assomiglia ad un bisogno di senso. Le vedo mentre dirottano le possibilità di significato verso il non senso, lo sberleffo, il derisorio, la caricatura, lo sfottò. Le vedo distruggere qualcosa che potrebbe risultare gradevole ad un orecchio abituato alla dolcezza del suono, del ritmo, della commozione etc.
Sono parole che prendono spunto da ciò con cui vengono a contatto e cioè l’enormità del prodotto che chiamiamo merci per sabotarle, dissiparle e togliersi di dosso l’odore di denaro a costo di non farsi voler bene per il senso negato anche solo all’ultimo istante, all’ultima virgola.
Non è dunque una parola destinata a riscuotere facilmente like, approvazione, comprensione e successo. Specialmente nella composizione apparirà sempre precaria, malaticcia, clownesca, sul punto di fallire, togliersi il trucco e ricadere su sé stessa.
Roba da RSA dirà qualcuno, magari qualche ex amico allontanatosi perché inorridito dalle conseguenze a cui è arrivata la sua stessa creatura. Ma che c’è da meravigliarsi?
Tutto ciò che penso è che nell’attraversare il vuoto le parole risentano di un minor grado di attrazione da parte di altre parole e vengano fuori, per ciascuna di esse, possibilità inesplorate, sfaccettature che aprono tunnel e passaggi segreti evidenziabili solo quando sono allo stato di nudità assoluta.
La loro riaggregazione è un fatto inspiegabile con le normali leggi della sintassi poetica. Forse cercano qualcosa per poter essere riportate nel mondo macroscopico ma nessuno sa quando la tempesta che collassa i valori cesserà.
Un caro saluto
Marie Laure Colasson, la macchia, acrilico, 50×50 cm, 2023
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Giorgio Linguaglossa
16 ottobre 2023 alle 7:55
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