Due esempi di meta-poesia, Due poesie di Montale e una poesia kitchen di Lucio Mayoor Tosi. Gli Estranei fanno ingresso nel Labirinto
L’immaginario costituisce un Labirinto dove ciascun poeta maturo (kitchen) deve (è costretto a) costruirsi il proprio Immaginario
L’immaginario costituisce un Labirinto dove ciascun poeta maturo (kitchen) deve (è costretto a) costruirsi il proprio Immaginario. Quello che voglio dire è che non si può fare poiesis senza un proprio armamentario di figuralità, di immagini, di avatar e di voci che parlano, camminano, fanno e disfanno. L’Immaginario di un verso di Intini lo riconosci subito dall’odore che emana, e anche un verso di Ciccarone lo riconosci subito, e anche uno di Mimmo Pugliese, etc. quello che distingue la poesia kitchen dalla poesia avanguardistica del novecento è l’affollamento dell’Immaginario, l’affollamento dei luoghi e l’ingresso degli Estranei nel Labirinto. In realtà, ogni Labirinto ci è Estraneo. In realtà, questo parlare tra di noi è un «gioco» nel senso più alto della parola, un venir fuori di ciò che altrimenti non sarebbe venuto fuori, è un modo per circoscrivere l’eloquio monologante della poesia della tradizione, infatti il modus è una topologia. Voglio dire che si tratta di un nuovissimo espediente retorico per dire altre cose da quelle che avrebbe detto l’eloquio monologante della tradizione e dell’antitradizione del novecento, non si tratta semplicemente di rispondere-a ma di interloquire con una pluralità. Qui vorrei mettere l’accento con Fredric Jameson «sull’esperienza post-moderna della forma con ciò che sembrerà, spero, uno slogan paradossale: con l’affermazione, cioè, che la “differenza mette in relazione. La nostra critica recente… si è preoccupata di sottolineare l’eterogeneità e le profonde discontinuità dell’opera d’arte, non più unitaria o organica, ma potenziale bazar o rispostiglio di sottosistemi disarticolati, disparati materiali grezzi e impulsi di ogni genere. Le opere d’arte di una volta, in altre parole, ora risultano essere testi, la cui lettura procede più per differenziazione che per unificazione. Le teorie della differenza hanno però cercato di sottolineare la disarticolazione a tal punto, che i materiali del testo, incluse le parole e le frasi, tendono ad essere estromessi come elementi di passività inerti e casuali, separati gli uni dagli altri in modo puramente esterno».1
1 Fredric Jameson, Il Post-moderno, o la logica culturale del tardo capitalismo, Garzanti (titolo originale, Postmodernism, or The Cultural Logic of Late Capitalism, prima edizione 1989), trad. it. 1984, p. 61.
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(Marie Laure Colasson)
Certo, la pratica metaletteraria messa in atto nella modalità kitchen è davvero spinta agli estremi limiti se la paragoniamo alla pratica metaletteraria diel secondo Montale di Satura (1971), dove c’è l’io che esprime ironicamente e autoironicamente la propria distanza dalla letteratura:
Due poesie di Eugenio Montale da Satura (1971)
I.
L’angosciante questione
se sia a freddo o a caldo l’ispirazione
non appartiene alla scienza termica.
Il raptus non produce, il vuoto non conduce,
non c’è poesia al sorbetto o al girarrosto.
Si tratterà piuttosto di parole
molto importune
che hanno fretta di uscire
dal forno o dal surgelante.
Il fatto non è importante. Appena fuori
si guardano d’attorno e hanno l’aria di dirsi:
che sto a farci?
II.
Con orrore
la poesia rifiuta
le glosse degli scoliasti.
Ma non è certo che la troppo muta
basti a se stessa
o al trovarobe che in lei è inciampato
senza sapere di esserne
l’autore.
Poesia di Lucio Mayoor Tosi
Le antiche divinità si dissolsero nel mondo
che avevano creato. Giove tornò ad essere un pianeta.
Ci siamo addormentati. Prima faceva freddo.
Giocoliere. Acrobata. Se ti manca il respiro,
se piangi se ridi. Dove non c’è vento. Ciclamini.
Albini. Inchiostrini. Serravalle.
Zen d’avanguardia. Piloti senza cervello.
Black & Decker. Non fare tardi. Ci siamo sempre
amati. Con la A. Di stabile. Che invecchia.
Per me si tratta di fare inchiostri: scrittura gestuale, non calligrafica (di sola intenzione) ma con parole. Non è tipico della poesia kitchen. Ma ci sono altri aspetti di questa ricerca che mi coinvolgono: uno, il fatto che ogni verso sia concepito per essere idea; due, l’importanza che viene data alla interruzione del discorso, o agli intervalli, che nella poesia kitchen sono intenzionali, drastici e di unica misura. (l.m.t.)
(Lucio Mayoor Tosi)
Ermeneutica di una scrittura patafritta, o usufritta.
È profondamente errato asserire come fa Montale nella poesia sopra postata che «il vuoto non conduce». Invece il «vuoto» produce e conduce e, addirittura, può distruggere ciò che produce. Quello che Montale non riusciva a vedere, lo possiamo vedere noi oggi nitidamente. Esaminiamo i versi interrupti di Lucio Tosi:
Titoli di versi di un autore del recente passato (Le antiche divinità); titoli di canzoni di successo anni sessanta (se piangi se ridi); astruserie (Giove tornò ad essere un pianeta); controindicazioni (Zen d’avanguardia), pubblicità (Black & Decker); terminali si frasi (Che invecchia); Parole da canzonetta (Ci siamo sempre amati); rime prive si senso (Ciclamini. Albini); esortazioni del quotidiano (Non fare tardi); parole cadute dal cervello (Giocoliere. Acrobata)… il tutto frullato e messo nel congelatore. E poi tirato fuori con una spruzzata di Rum.
Un ermeneuta non ha niente da dire in proposito. E questo è propriamente il vuoto. Vuoto sottosopra. O soprasotto. Non rimane nulla di questa scrittura. La leggi e la dimentichi. È appunto questa l’intenzione dell’autore, penso. L’intenzione viene verificata e falsificata allo stesso tempo.
(Giorgio Linguaglossa)