Il discorso poetico oggi è un ibrido,un ircocervo, a metà tra prosa saggistica e il saggio poetico, che oscilla, come il cappio di un impiccato, tra la finzione e la famigerata postura dell'io poetico
Dal punto di vista del Tramonto, il discorso poetico come l’abbiamo conosciuto nel 900 diventa sempre più falso, posticcio, inverecondo, prodotto di finzione, inaccettabile, profondamente incongruo
(Marie Laure Colasson, absence, 70x70, acrilico, 2024)
Scrivevo in una recensione nel n. 16 del semestrale “Capoverso” del 2008:
Oggi è incalcolabilmente più complesso pensare in modo non ingenuo i problemi estetici proprio in quanto “la coscienza estetica avanzata converge con quella ingenua, la cui visione aconcettuale non si arrogava il diritto di possedere alcun significato e, proprio per questo, talvolta lo acquistava: Ma anche su questa speranza non si può più contare. La poesia salva il suo contenuto di verità solo là dove, mantenendo uno stretto contatto con la tradizione, al tempo stesso la allontana da sé. Chi non vuol tradire la felicità che la tradizione promette ancora in alcune sue immagini, la possibilità sepolta che si nasconde sotto le sue macerie, deve voltare le spalle alla tradizione, che abusa di quella possibilità e del significato volgendoli in menzogna. La tradizione può riemergere soltanto in ciò che ad essa spietatamente si nega”1
Leggendo questi ultimi versi di Francesco Paolo Intini mi è venuta in mente quanto scrivevo nel 2008. E così continuavo in quella recensione: «La poesia… trae dalla crisi novecentesca della parola poetica le linfe e le forze per attraversarla compiutamente ed approdare ad un nuovo continente linguistico. Ogni opera d’arte è una totalità temporalmente determinata. Ai contemporanei un’opera d’arte può non parlare, può restare muta sulla soglia della comunicazione universale in attesa che essi affinino una imagery e una sensibilità adeguate alla comprensione di quella parola poetica. […] La parola poetica si presenta quindi come una «mancanza», come un improvviso vuoto che separa il nome dalla cosa, il nome dal suo significato. Come fare per superare queste dicotomie? […] Essere bilingue, multilingue, disorientato, straniero e sradicato nella propria lingua. […] Si profila il Tramonto. Dietro le quinte e il fondale del “Tramonto” la parola del discorso poetico è macchiata di inautenticità. L’io del “Tramonto” è una finzione e la sua parola è inautentica. Dal punto di vista del Tramonto, il discorso poetico come l’abbiamo conosciuto nel novecento diventa sempre più falso, posticcio, inverecondo, prodotto di finzione, inaccettabile, profondamente incongruo […] Allora, l‘unico discorso poetico possibile è questo che si profila all’orizzonte: un ibrido, un ircocervo, a metà tra prosa saggistica e il saggio poetico, che oscilla, come il cappio di un impiccato, tra la finzione e la famigerata positura dell’io poetico.»
1 T.W. Adorno, Teoria estetica, trad. it Torino, Einaudi, 1975.
(Marie Laure Colasson, absence, 70x70, acrilico, 2024)
Giorgio Linguaglossa
Sì, è vero, la galassia è famosa per il gran numero di mitragliatrici
Il fungo atomico era bello all’ombra porporina
Tutti insieme guardavamo il languore della luna mentre arrostivamo salsicce alla brace
C’era un gran numero di supernovae dentro una capocchia di spillo e tanti manigoldi con la bandierina alzata a segnalare il fuori gioco
Spunta un cigno dal firmamento, e zac, un caccia lo fa secco. Che dire?, il poeta, che di immortale ha solo la brillantina nei capelli scuote la testa incipriata
«Se arrivi primo al traguardo, attento a non decollare!», mi avvisò il mago Woland
Patatine fritte con potassio al molibdeno come contorno. Spuntò illibata la luna, ma il dentifricio era ormai uscito dal tubetto e non ci fu verso di sistemarlo
Eravamo giunti a metà di via Leonardo da Vinci quando, all’improvviso, ritornammo bambini. «Che diavoleria è questa?», gridò il mago Woland. Io giocavo col carrarmato e il caricatore sulla spalla mentre tu mi passavi le pallottole
(Germanico)